lunedì 26 ottobre 2009

MALGRADO


Soli.
Malgrado le voci.
Malgrado le luci.
Malgrado i colori.
Soli e spaventati.
A strattonare brandelli di vita
Sperando non finisca mai.
Sperando non finisca mai.

domenica 4 ottobre 2009

TUFFI


Siamo noi, il trampolino e un quadrato turchese sotto, perpendicolare allo sguardo. Il quadrato turchese è il paradiso. E per una volta, in questa metafora qui, il paradiso sta sotto. Sotto i piedi del tuffatore. Sopra la sua testa quando troverà il coraggio di capovolgersi.
Il tuffo viene bene da bambini. Perché, quando sei bambino, non ci pensi al quadrato turchese. Pensi solo al tuffo. Ti tuffi solo per il tuffo e per uno scintillio che hai intravisto sul pelo dell’acqua. I bambini sono gazze ladre.
L’amore è una cosa strana e non sempre viene bene. Soprattutto non viene sempre uguale. Ci disorienta, ci delude e ci inganna. E siamo tutti ingenui. Un po’ scemi e un po’ bambini, anche un po’ animali, attori delle nostre giornate deficienti.
E la clessidra si svuota. Qualche granello si incastra nella strozzatura e rallenta gli altri. Ognuno questo giochetto lo impara presto. Impariamo a incastrare i granelli. Per un po’, periodicamente funziona.
Della felicità possiamo anche fare a meno. Saremo capaci di essere felici anche senza felicità. La felicità è roba per chi si tuffa solo per il tuffo.

FUGGIRE VIA


A volte la donna con la borsa ed il cellulare ha voglia di fuggire. Vorrebbe dilatare il tempo ed incastrarci dentro delle impercettibili assenze. Casuali bolle d’aria, dove scivolare con disinvoltura. Fuori un cartello: torno subito.
Le accade da sempre, da quel pomeriggio in cortile in cui faceva rimbalzare la palla rossa in un cono d’ombra, tra due muri. Una vestaglietta a fiori ed un paio di zoccoli numero 29. Numero 29 lo ricorda bene, perché con Antonella gli zoccoli ogni tanto se li scambiavano. Non rammenta però l’età. Ma forse non ha importanza, poiché qui si parla di un desiderio senza età. Una smania rapace che eternamente dura e che non sa obliare.
Però non si può fuggire così, senza dire nulla. Le hanno insegnato a salutare, a giustificare, a spiegare. E questa cosa qui, anche volendo, non la saprebbe proprio spiegare.
La bambina con la vestaglietta a fiori fuggiva davvero, in un sottoscala a contare i sassolini nelle tasche. La donna con la borsa ed il cellulare, con le chiavi e l’agendina, prigioniera davanti alla macchinetta del caffè, invece no. Fruga fra le monete. Ma non fugge. E la collega coi capelli corti ed il rossetto fucsia la punta. Dietro c’è il muro, lo sa, e allora la cinge. La notte non dorme e ha un figlio solo. E parla, parla, parla senza ascoltare mai.
La donna con la borsa e il cellulare non fugge e inizia a fissare il contenitore, pregando si rovesci per un urto repentino e l’acqua prenda a scorrere sul piastrellato. Così come le pare. Incanalandosi tra le fessure, in centinaia di linee spezzate, in migliaia di vie di fuga. E la collega con il rossetto fucsia parla, parla e non si accorge che intanto la donna con la borsa e il cellulare tra le dita piega una barchetta di carta e che i suoi tacchi 12 stanno per essere travolti da un rigagnolo…