lunedì 30 novembre 2009

NULLA E' IN REGALO


Nulla è in regalo, tutto è in prestito.
Sono indebitata fino al collo,
sarò costretta a pagare per me con me stessa,
a rendere la vita in cambio della vita.

E' così che è stabilito,
il cuore va reso e il fegato va reso e ogni singolo dito.
E' troppo tardi per impugnare il contratto.
Quanto devo
mi sarà tolto con la pelle.

Me ne vado per il mondo
tra una folla di altri debitori.
Su alcuni grava l'obbligo di pagare le ali.
Altri dovranno, per amore o per forza, rendere conto delle foglie.

Nella colonna
dare
ogni tessuto che è in noi.

Non un ciglio, non un peduncolo da conservare per sempre.
L'inventario è preciso, e a quanto pare ci toccherà restare con niente.
Non riesco a ricordare
dove, quando e perché
ho permesso che aprissero
questo conto a mio nome.

La protesta contro di esso noi la chiamiamo anima.
E questa è l'unica voce
che manchi all'inventario.

(Wislawa Szymborska)

venerdì 27 novembre 2009

ICEBERG

Un pezzo di ghiaccio. Un enorme pezzo di ghiaccio che vaga in mezzo all'Oceano senza che nessuno possa fermarlo. E tutti gli scienziati a chiedersi. E tutti i giornalisti a fotografare. E tutti i geografi a segnalare. E intanto lui vaga, enorme, gigantesco, in mezzo all'Oceano. Sfrontato come solo un pezzo di ghiaccio può essere.


Ci illudiamo sempre di controllare tutto.
Sempre lo stesso errore.

lunedì 23 novembre 2009

QUANDO TROVO UNA PAROLA

"Quando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso".
(Giuseppe Ungaretti)


Il silenzio è un amplificatore potente. Ci teniamo qualcosa per noi, non ne parliamo con nessuno, ma dentro di noi quel qualcosa lo viviamo in maniera così intensa che è quasi come averne parlato con il mondo intero.
Tutto quello che ci circonda, tutte le parole, tutti i gesti, tutte le espressioni sembrano avere a che fare con esso.
E’ difficile parlare. Difficile trovare le parole. Le parole non bastano mai.
La vita non è solo parole, è suoni, immagini, sensazioni, è una incomprensibile complicazione emotiva.

domenica 22 novembre 2009

TEMO I TUOI OCCHI

(ritratto di donna anziana, Giuseppe Cipriani)

Il rettangolo bianco.
Piatti e bicchieri, sonori.
La luce che illumina il tuo viso
e me, che vorrei non guardare.
Temo i tuoi occhi.
Temo di leggerci dentro
la parola fine.

POSTI


I posti continuano ad esistere, anche se smetti di andarci. Può essere un campo, disteso a chilometri di distanza. Lasciato pieno di sassi, di fango e di ciuffi d’erba. Lasciato un pomeriggio di parecchi anni fa.
Sul campo una casa, scabra, senza intonaco. Una casa da finire. Dentro una famiglia. Lei, lunghi capelli corvini, occhi da gazza. Lui, sguardo basso e spalle curve. E poi una figlia, che ci sta stretta dentro quella casa. I gatti che attraversano furtivamente il cortile e un asino legato sul retro.
Li saluti un pomeriggio e prometti “la prossima estate”. Ne trascorrono molte, invece, e non ci torni più. Quasi ti dimentichi di quel posto ed esso cessa di esistere. Per te, non esiste più.
Poi ci torni. Intanto hai vissuto degli anni, parecchi. Gli anni sono trascorsi anche lì, su quel campo. Ed ora ci sono dei loti. C’è un orto e ci crescono delle strane melanzane. Non c’è più l’asino ed al suo posto c’è una veranda, sotto la veranda una bambina dentro un giacchettino di lana a righe. Ha gli occhi di quella figlia che ora è diventata madre, due volte. Lei, occhi di gazza, ha un velo di lacrime solide davanti agli occhi e decine di crepe sul viso. Una striscia di bianco alla radice dei lunghi capelli neri. Lui, sguardo basso, invece, ricordavi che sorrideva di meno. Ed ha un viso tondo e scapole sollevate. Gli anni hanno portato via i gatti ed ora in cortile scorrazzano tre o quattro cani. La casa ha un intonaco nuovo.
Le parole sono garrule intorno ad una pizza dolce e un bicchiere di qualcosa. Ma gli sguardi tradiscono il tempo. Difficile raccontare gli anni. Scorrono però davanti agli occhi, sulla corteccia di un loto o tra le canne che sostengono un rampicante. Sul piastrellato che prima non c’era e fra le gabbie dei conigli dagli occhi rosa. Li senti a riempirti le braccia quando stringi quei corpi e te ne vai. Li senti in un fremito che vuole dire chissà che e annodati nella gola, se ci ripensi.

venerdì 20 novembre 2009

MACCHIE D'OLIO

C’è quella giornata che ti alzi e non hai voglia di andare. Apparentemente senza motivo. Poi magari squilla il telefono, la sensazione in qualche modo defluisce e si sfrangia nelle chiacchiere con un’amica. Neanche gliene parli all’amica perché non trovi un filo logico. Non lo trovi ancora. Però c’è.
Poi nel bel mezzo di una fantastica cena e qualcuno ti fa una domanda e tu però non hai sentito niente. Perché nel frattempo guardavi dall’oblò i colori della notte e intanto ti chiedevi che cavolo ci stavi a fare lì. Con tutti quegli estranei che conosci da anni.
Una macchia d’olio in mezzo all’oceano. Può essere nulla e ci si vola sopra, dimenticandola nell’attimo seguente. Oppure no. Può essere la prima macchia ad emergere. Poi le altre, ad occupare tutta la superficie ed a togliere il respiro a tutte le creature marine.
E allora i due metri li ritrovi pure dentro un letto, che ha le lenzuola al posto della terra e le lenzuola diventano un sudario.
Si cresce anche così, scorticandosi l’epidermide immatura. Ma costa sangue e lacrime, almeno per un po’.
Non c’è una causa sola. Le ragioni possono essere ennemila. Qualcuno che ti mesce la vita con la morte, e lo sapevi, lo immaginavi… soltanto in teoria però. E poi solo la morte che ha la faccia di un padre, di una sorella o di un amico che pensavi si potesse fermare ancora un po’.
Oppure può essere la sordità. Che non ti fa ascoltare quelle voci che salgono da dentro in un conato repentino. Prima isolate, stridule… poi un coro possente che ti stordisce. E quando ti stordisce non riesci a sentire altro e credi di impazzire.

sabato 7 novembre 2009

BUONGIORNO!


Inizia con la sveglia che ti massacra il cervello. Con le briciole di quel pensiero che ieri sera non hai fatto in tempo a finire. Con il post-it "urgente" attaccato sull'agendina ed i pugni già serrati. Pronti alla partenza. Con lo specchio del bagno che non hai voglia di parlarci. Con la spazzola che ti tira via ciuffi di capelli. Con la crema che andrebbe stesa con piccoli movimenti circolari ed un paio di colpi di mascara che forse ti risollevano il morale.
Poi il latte nella tazza, le gocce sulla tovaglia ed un paio di morsi pieni di marmellata al senso di colpa. La borsa che cade e si rovescia. E' piena di scontrini e cose che dovresti mettere in ordine. C'è pure quel biglietto che cercavi l'altroieri. Eccolo. Però non serve più. Magari lo butti dopo. Se trovi un cestino a portata di mano.
Inizia che cerchi le chiavi dell'auto e non le trovi. Eppure le metti sempre lì. E non le trovi. E guardi bene e non le trovi. Sposti il cappello e poi le trovi. I pugni sono sempre più serrati e lo stomaco inizia pure lui.
Ti chiudi la porta dietro le spalle e rimandi a dopo tutto il disordine che ci lasci dentro. Corri. Corri che devi arrivare. Corri. E mentre corri, pensi. Pensi e corri.
I pensieri di corsa, quelli del mattino, sono i pensieri della fiducia. I pensieri del conforto. Sembri distratta. Corri e sembri distratta. Invece pensi. Ma vallo a spiegare al dirimpettaio che hai appena dimenticato di salutare. Pensi e intanto chiudi lo sportello. Accendi il riscaldamento e subito dopo la radio. Se stai bene ti cerchi quella stazione e, mentre pensi, canticchi pure un po'. Si può fare. Se stai male. Metti quel cd. E lo fai girare. Come un coltello. Gira finché non scendi e i pensieri lasci che ti aspettino, come cani fedeli, sui sedili.

lunedì 2 novembre 2009

CIAO ALDA!


O poesia, non venirmi addosso
sei come una montagna pesante,
mi schiacci come un moscerino;
poesia, non schiacciarmi
l’insetto è alacre e insonne,
scalpita dentro la rete,
poesia, ho tanta paura,
non saltarmi addosso, ti prego.

domenica 1 novembre 2009

CONTINUARE A DORMIRE


Non potremmo continuare a dormire?
Non potremmo continuare a starcene rincantucciati?
Non potremmo starcene in silenzio coi nostri pensieri?
Non abbiamo lacrime da versare, noi.
Né parole da pronunciare, né occhi da spalancare,
né mani per stringere, né bocca per urlare.
Abbiamo solo uno strano mutilo corpo
con un uno strano cuore dentro.
Un cuore d’animale: un cuore di cane o di gatto o d’uccello.
Un cuore anestetizzato, che pulsa lentamente, discretamente.
... Soltanto a tratti si sente più forte,
si sente quasi vivere, quasi lottare, quasi desiderare...
... Piccoli, piccoli, piccoli battiti...
attutiti dallo spesso cappotto,
dalla coltre candida...
Potremmo aspettare che il sole
lasci cadere i raggi
per dormire di nuovo,
senza essere svegliati stavolta.

AL BUIO


Al buio sappiamo muoverci. Ci affidiamo agli altri sensi. E poi c'è il pensiero. Credo non ci sia dimensione migliore. Nel buio gli ostacoli perdono i confini.
Sono molti i miei pensieri del buio. I pensieri del confine. I piccoli fardelli della giornata che ho bruciato dietro le mie spalle. I fagotti che non sono riuscita a gettare giù. Le mie picccole zavorre.
Da piccola mi facevano compagnia come piccole bambole da ninnare, a cui accarezzare i capelli. I miei pensieri del confine.
A volte hanno visi e voci i miei pensieri del confine. E sono voci chiarissime, nitide. Sguardi ai quali non posso sottrarmi.
Al confine assaporo tutta la mia umana solitudine.