martedì 23 febbraio 2010

MONETINA

Domenica. Centro commerciale. Te ed io vicino ad una fontana.
- Vorrei buttarci una monetina...
- Questa non è la fontana delle monetine.
- Però io ce la vorrei lanciare lo stesso. Mamma, per favore, voglio buttare una monetina.
- Va bene. Ce l'hai il desiderio?
- Sì.
- E' un bel desiderio?
- Bellissimo.
Lanci la monetina, quella rimbalza sul muro e poi si tuffa.
Ti avvicini e mi sussurri nell'orecchio:
- Ho chiesto la vita eterna.
Tra due mesi compirai otto anni.

sabato 20 febbraio 2010

PYRO X

Accade a tavola. Durante il pranzo o durante la cena.
Il bambino è preparato, lo sa. Ha già visto. Ha già sentito.
Lui torna nervoso e butta il soprabito sopra una sedia senza salutare. Senza farci caso, senza guardare. Sbraita che la cena non è ancora pronta.
Lei sbatte le stoviglie sul piano della cucina. Tintinnano i piatti ed il rumore è la prima avvisaglia.
Il bambino a tavola gioca con le mani, se ci riesce porta un pupazzetto e lo nasconde nella manica... che la mamma dice che a tavola non si portano i giocattoli.
E' un mago e piano piano lo sfila dalla manica, se lo adagia sulle gambe. Lo guarda mentre mastica. Solo lui ed il piccolo amico. Nella testa ci parla con il pupazzetto. Si dicono le cose. Stanno facendo una storia e lui si chiama PyroX.
Vive lontano, molto lontano. Vive nello spazio delle astronavi.
Mastica, mastica la pasta è sempre lì. Mastica, mastica e non manda giù. Beve, beve, beve. Che sete, mamma! E intanto non manda giù.
La mamma non guarda. La mamma non sente. La mamma non risponde. La mamma sbatte le stoviglie.
PyroX salta sul ginocchio. Il ginocchio è piccolo e Gabriele ce l'ha più grosso. Gabriele è più alto e a scuola dà i calci forte forte. Lui lo dice alla maestra, ha deciso. E lo dice pure a PyroX. Con un po' di fortuna lo porta a scuola e la maestra non se ne accorge. Lo può nascondere nella tasca. Però PyroX non deve parlare. Deve stare zitto, altrimenti Martina fa la spia.
Le ginocchia sono magre. Mastica, mastica e le ginocchia forse diventano più grandi, le gambe diventano lunghe e possono correre. Correre via.
In un disegno le gambe erano lunghissime come i trampoli del clown. La maestra ha detto che non andava bene, che erano troppo lunghe. Ma secondo me no. Ci vogliono così per scappare.
La mamma urla. Il papà ha rovesciato il piatto. I vetri tremano come se c'è il terremoto.
PyroX adesso può salire sulla tovaglia. Mamma e papà continuano in camera da letto. Continuano e urlano forte. Mamma singhiozza e papà dice le parolacce. Papà è come Gabriele e ha i muscoli sulle gambe. I suoi calci fanno i lividi.
PyroX non deve sentire le parolacce che sennò le ripete. Forse è meglio andare sotto il tavolo con le mani sulle orecchie e gli occhi chiusi.
Tu lo sai che, se stringi gli occhi forte forte, PyroX ti porta nello spazio? Tu lo sapevi che PyroX viaggia su un'astronave rossa? Tu lo sai che quando sarò grande nello spazio io ci vado per davvero?
Appena le gambe mi diventano lunghe.
Mastica, mastica...

TRAVERSARE UNA STRADA

"Nella notte la piazza ritorna deserta
e quest’uomo, che passa,
non vede le case
tra le inutili luci,
non leva più gli occhi:
sente solo il selciato,
che han fatto altri uomini
dalle mani indurite,
come sono le sue".
Cesare Pavese

http://www.youtube.com/watch?v=u-Dd3Ud0Zwo

COME IL MARE

"Dare un senso alla vita
può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell'inquietudine e del vano desiderio
è una barca che anela al mare
eppure lo teme".
Edgar Lee Masters

http://www.youtube.com/watch?v=8kxp0Q2ktv4

domenica 14 febbraio 2010

GABBIE

Ho tirato via la zip della borsa e buttato l'occhio sulla punta delle scarpe. L'auto attende nel parcheggio e spingo il carrello. Penso alle mie scarpe ed alla polvere che c'è sulla punta. Ho le chiavi in mano e ci giocherello. Sento una voce.
Le parole spuntano fuori dal nulla e mi sfiorano il timpano in un sussurro.
Mi stai chiedendo il carrello. Ti vorrei dire di no, perché è sempre così che rispondo. No. Detto secco, chiaro, insofferente. Ma tu sei troppo in basso e quando piego la testa mi dimentico tutte le parole.
Hai capelli neri e gli occhi sono uguali. D'un colore scuro che scintilla. La faccia scura, una giacca di due taglie più grandi con una macchia sul colletto. Le parole non le ricordo e allora ti chiedo quanti anni hai. E tu mi rispondi: sette. A scuola ci vai? Questa è la seconda domanda. E tu mi dici di sì. Ma io non ci credo e allora ti chiedo che classe frequenti. La terza, mi dici.
Sei veloce. Però sbagli. "La terza non può essere", contraddico. "Sì che può essere - insisti te -, è la terza B ed a ricreazione in giardino vedo sempre mio fratello che ha dieci anni".
Penso che le risposte te le sei preparate e quindi è inutile continuare. Cerco una moneta e tu guardi nel mio carrello e mi chiedi un quaderno. Me l'hanno regalato con il latte. Va bene, te lo cedo. Eccoti pure una penna. E tu mi fai sorridere, sei sospettoso: "Funziona?".
Vorrei fermarmi ancora. Ma poi è tardi. Devo andare. "Fino a che ora ti fermi?", faccio prima di chiudere il bagagliaio. Mi dici un'altra ora. Quando ti ho chiesto se avevi una casa, hai fatto cenno di sì. Bellissima, hai aggiunto.
Quella è stata la risposta più tagliente. Dev'esser stata quella perché, quando ho bloccato tutti gli sportelli con la chiusura, continuavo a sentirtelo ripetere quell'aggettivo... Prima sentivo l'aggettivo e poi rivedevo la macchia sul colletto. Come un'immagine e la sua didascalia.
Mi allontano e tu vai a bloccare il tuo carrello. Lo blocchi e sfili la moneta. Come un riscatto, come il pegno di un gioco che capisci solo tu.

http://www.youtube.com/watch?v=L8Qmu1V1-nc

giovedì 11 febbraio 2010

PRIGIONIERA

L'oscurità è una cella nera, sorda.
Muro da incidere.
Sere come questa la donna non riesce
ad andare a dormire.
Gli occhi bruciano e le gambe smaniano
senza trovare il passo giusto,
la danza d'oblio.
Ginocchia piegate, serrate: è seduta. Sprofonda.
Accende una sigaretta e brucia nelle narici
quegli odori che la tormentano.
I polpastrelli scivolano in assidua ricerca.
Socchiude gli occhi.
E intanto le parole le restano addosso, appiccicate.
La donna non sa smettere di pensare.
E allora fuma piano.
La notte è un lago nero.
E il graffio sul vinile
è il tacere di quel telefono
che
non
squillerà.

sabato 6 febbraio 2010

TU SORRIDEVI

Volevo dirtelo. Giuro che volevo.
Ma tu sorridevi quel giorno, ed io non ho saputo trovare le parole.
Cercavo un gancio che facesse affiorare quel cadavere dal fango. Ma i tuoi occhi si riempivano di una felicità sorda e crudele.
Frantumare uno dei tuoi silenzi come un bicchiere: questo avrei dovuto fare. Afferrare una mazza e spaccare la finestra per poi urlarci dentro e farti piangere.
E, invece, la tua felicità aguzzina mi ha sopraffatta.
Ammutolivo e rimandavo: domani. Prenderò il bisturi domani e inciderò una croce sul cuore. Scaccerò questa tua felicità inopportuna.
Ho abbottonato il camice e ho affilato il bisturi. La stringo fra le dita la tua goffa felicità. Di strapparla via, però, non ho il coraggio.
Anzi mi viene voglia di passarci sopra le narici e poi le labbra. Non esiste, lo so, ma io la sto accarezzando. Oppure è lei, quella sfrontata ribelle, a sfiorarmi l'epidermide?
Lo so. So bene che non esisti, benedetta creatura...
Non esisti, eppure... Sei così bella.
Sei talmente bella che eccoti la lama ed il mio nudo torace: fai ciò che vuoi.
Felicità assassina.

mercoledì 3 febbraio 2010

MENTRE IL FIUME SCORRE

L'acqua sembra ferma, poi s'increspa.
Raccoglie l'ombra di un gabbiano.
Scorre sotto canuti indifferenti pilastri.
Scorre, e lo vedi soltanto da quegli arbusti
che scorrono assieme a lei
e se ne vanno chissà dove.
Via, come ricordi dismessi.
E tu ti fermi. Ti affacci e guardi.
Quale pensiero vorresti precipitare giù?
Cerca il coraggio e inizia a sfogliare...

http://www.youtube.com/watch?v=S2N_uvnvGbI