lunedì 25 gennaio 2010

GENNAIO

Quando all’alba il raggio del sole
illumina la terra
e l’erba scintilla di perle dorate,
quando l’aurora scompare
e i merli fischiano tra le siepi,
allora capisco come è bello vivere.

Prova, amico, ad aprire il tuo cuore alla bellezza
quando cammini tra la natura
per intrecciare ghirlande coi tuoi ricordi:
anche se le lacrime ti cadono lungo la strada,
vedrai che è bello vivere.
(1941 - uno dei bambini di Terezin)
http://www.youtube.com/watch?v=7cTMoyY4zRA

"Quando l'impossibile è stato reso possibile, è diventato il male assoluto, impunibile e imperdonabile, che non poteva più essere compreso e spiegato coi malvagi motivi dell'interesse egoistico, dell'avidità, dell'invidia, del risentimento; e che quindi la collera non poteva vendicare, la carità sopportare, l'amicizia perdonare, la legge punire".

(Hannah Arendt)

11 commenti:

  1. Ho letto ieri questo tuo post e non sono riuscita a commentare, mi è venuto un nodo alla gola pensando a quelli ragazzini e leggendo le loro stupende poesie sulla bellezza della vita.
    Oggi è il 65a anniversario della liberazione di Auschwitz e trovo la tua iniziativa di parlare della Shoah un gesto molto nobile. Spero che i ragazzi a cui si insegna la Shoah percipiscono l'importanza del passato (a casa un teenager eppure molto intelligente ne ha una visione purtroppo troppo sfocata, in questo periodo studia il giornale di Anne Frank ma non riesce a "tradurlo" nel suo cuore come si deve).
    E quando si sa che la pazzia umana non si è fermata nel 1945, che quella pazzia è tornata in altri luoghi, in altri tempi dopo, questo il più terribile: il fatto che non riusciamo a fare fermare quella pazzia e quell'ideologia li'

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  2. E' vero la pazzia non si è fermata lì. Ed è una pazzia incomprensibile.
    Da soffermarsi anche sulla foto sopra: ritrae le SS con le proprie famiglie intenti a festeggiare il Natale. Fuori c'era il campo.

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  3. E' stato un periodo di follia collettiva...
    resta il fatto di come si potesse festeggiare il Natale a un telo di distanza......la cosa più brutta è la cultura del 'negazionismo'....
    bisogna assolutamente combatterla, e divulgare e raccontare onestamente la storia ai ragazzi....nessuno di quelli che conosco conosce l'Olocausto se non perchè sentito raccontare da amici o parenti...la scuola sorvola troppo....un plauso a insegnanti accorte come te Mel.....anche per la fatica emozionale che ne consegue! ♥

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  4. Mel, sono fortunati i ragazzi di avere un insegnante come te, chissà forse qualche di loro a casa hanno una versione diversa e merito tuo possono imparare il rispetto dell'altro.
    La memoria del passato è molto importante come dici tu. Purtroppo le persone che crescono nell'ideologia negazionista sono quasi per sempre indottrinate, il loro cervello è lavato e non puo' purtroppo pensare altro se sentono quelli discorsi dall'infanzia (certo ci sono sempre delle eccezioni, meno male).
    Siamo fortunate di essere cresciute con dei genitori che ci hanno trasmesso il rispetto dell'altro, delle altre culture e che ci hanno fatto capire la pazzia del totalitarismo e della guerra. In più, io ricordo di un professore di economia che mi ha poi insegnato tante cose, "smontando" tante ideologie. E penso alla fortuna dei tuoi alluni.
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    Quando avevo 15 anni sono andata a Buchenwald (vicino a Weimar) e sono stata "segnata" profondamente dalla tristezza del luogo. Le immagine che ho visto li' mi hanno stonata e sono stampate per sempre in me.
    L'altro ieri a Strasburgo hanno profanato delle tombe ebree e mi sono sentita male davvanti alla stupidità umana. Vogliono portare i ragazzi che lo hanno fatto in un campo per spiegargli. Spero che riuscirano a convincerli e a sconvolgerli. Come ho detto prima purtroppo, i ragazzi cresciuti nell'odio dell'altro hanno quella cosa negativa che rovina la loro anima da sempre. Come quelle famiglie che passavano Natale accanto, stessa attitudine.

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  5. Triste realtà cik...
    voi avete molti profanatori di tombe ebree, ne sento spesso parlare nei journals televisés di France 2, noi abbiamo la mafia.
    ognuno ha le sue bestie nere......
    ma l'Olocausto, i campi di concentramento, l'eccidio di massa, devono essere raccontati alle giovani generazioni, sprovviste persino di nonni in grado di raccontarle, e allora questo compito spetta solo alla classe insegnante. Pensiamo a cosa succederebbe se proprio loro fossero inefficienti! che generazione futura ne risulterebbe? per voi in Francia è facile e abbastanza comodo fare delle gite nei campi di concentramento....qui da noi....illusione! le gite sono riservate alle città artistiche, Paris e i suoi quartieri a luci rosse...si, ma i lager.....giammai, i ragazzini potrebbero traumatizzarsi, e allora spetta a qualche genitore illuminato portarli in suddetti luoghi...o alla fortuna di avere insegnanti accorti, che aiutino questi giovani nella costruzione di una memoria imperitura.
    Non abbiamo più nessuno che ricostruisca la memoria storica....
    gli anni si portano via i superstiti, noi dell'età di mezzo siamo gli unici depositari dei ricordi rimanenti..e dobbiamo assolutamente impegnarci affinchè la fiammella di questa flebile candela non si spenga! Ciao belle persone! ♥

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  6. Proprio così. Devo dire che ho avuto la fortuna di lavorare in scuole piuttosto attive da questo punto di vista. Una mia collega più anziana, qualche anno fa, partecipò con alcuni dei suoi studenti ad un viaggio della memoria. La destinazione era Pietransieri in Abruzzo, dove nel 1943 si consumò uno dei tanti eccidi di popolazione civile compiuti dall’esercito tedesco. Nel bosco di Limmari, alle porte del paese, furono fucilati 128 civili, tra essi 34 bambini al di sotto dei 10 anni e un neonato di un mese.
    Sono pagine che non si possono e non si devono dimenticare.
    Abbiamo diversi ragazzi polacchi nelle nostre classi. La Polonia pagò un tributo altissimo durante la II guerra mondiale. Ebbene, pochissimi di loro ne sono informati. Come pure, e questa è una cosa per me assurda (anche se qui andiamo a finire su un altro terreno), molti degli studenti stranieri non conoscono le loro tradizioni e se gli chiedi qual è la loro città di origine non ti sanno rispondere.
    Qui si parla di tetto del 30% degli stranieri nelle classi... ma il vero problema è come conservare e preservare la nostra e la loro identità.

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  7. Sono metà polacca dal sangue e sono sollevata che la mia famiglia immigrata qua negli anni '20 era ideologicamente dal "buon" lato (certo "buon" dal mio punto di vista). Eppure mia nonna paterna era catolica molto praticante. Dico "eppure" perché purtroppo in tanti polacchi catoloci Mel erano antisemiti durante la guerra.
    E' un popolo storicamente che ha sofferto tanto dalle guerre e invasioni, l'invasione dalla Germania è d'altronde lo scatto della 2WW. Un paese diviso in due ideologicamente. Alla fine della guerra, non era bello di accorgersi che certi polacchi non avevano aiutato gli ebrei. Poi la memoria cancellata sotto la dittatura russa. E' facile dimenticare il male che si è fatto. L'ho già detto, l'ideologia è l'arma peggiore per fare pensare cose terribili e/o per fare lavare le coscienze.
    Forse non è un caso se quelli ragazzi non sanno niente della loro storia. E hanno bisogno appunto di professori obbiettivi perché nel passato i loro genitori hanno "subito" l'insegnamento sbagliato o "lavato" del passato.
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    Se molti stranieri non conoscono le loro tradizioni, è che rimproveriamo spesso agli stranieri di non integrarsi nel paese dove sono nati.
    Ne so qualcosa io, i miei genitori nati in Francia di genitori stranieri erano considerati stranieri mentre loro si sentivano francesi. Mettiti al posto di un ragazzo condiviso tra due culture, a volte tre. Integrandosi, i miei hanno - anche senza volerlo - a poco a poco perso molte cose delle loro tradizioni rispettive.
    Né l'una né l'altra famiglia ci ha insegnato le loro lingue rispettive a tutti noi i nipoti. Quando ci eravamo noi, si parlava solo in francese. Certo li sentivamo parlare la loro lingua tra di loro, ma a quel momento inconsapevolmente le nostre orecchie si chiudevano, non ti saprei spiegare il perché. Quello bello da voi italiani è che vi trasmettete il dialetto tra generazioni perché c'è la fierezza dell'appartenanza a una regione. I stranieri invece spesso per essere accettati preferiscono prendere poco delle tradizioni. E' sbagliato lo so, ma è cosi'.
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    Terza generazione, ho imparato l'italiano appunto per ritrovare le mie radici, ma ho messo tempo per provarne il bisogno (e ce l'ho con me stessa perché se avessi imparato l'italiano a scuola, questo avrebbe cambiato la mia vita). Mio figlio non ama che gli parliamo in italiano davvanti alla scuola perché ne ha vergogna (e questo mi rende triste perché per il momento non riusciamo a tramsettergli la fierezza delle radici, eppure se amo l'Italia io!).
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    Comunque nonostante la fierezza che ho dei miei due sangui, mi sento profondamente francese (pur non essendo affatto nazionalista, pur non avendo nemmeno una goccia di sangue francese). Nello stesso modo che i miei si sentivano francesi quando erano teenagers, forse i tuoi alluni stranieri si sentono anche loro italiani per essere "accettati" dai compagni italiani?

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  8. Mah! cik,
    è giusto 'sentirsi' altro dalle proprie radici per farsi accettare, soprattutto oggi, dove sei additato per un nonnulla! ma trovo fondamentale insegnare il bilinguismo comunque!
    E' importante che i ragazzi immigrati ritrovino parte della loro origine tra le pareti domestiche...senza scadere nelle assurde regole religiose, vedi il velo ecc, ma un po' di educazione sulla patria originaria non deve mancare...oltre che necessario è utile, si dovesse tornare all'origine per conoscere nonni o parenti non emigrati.
    Ho delle cugine canadesi...indubbiamente sono nord americane sino al midollo, ma quando mettono piede in Italia, si ricordano persino il dialetto. E questo fa parte del bagaglio culturale a voce che devono dare i genitori....non si possono cancellare le origini, una piccola fiammella deve continuare a bruciare.
    Tutti i nostri piccoli pazienti asiatici o nord-africani sono bilingui...anzi! i più grandicelli fanno scuola ai genitori, e spesso fungono da traduttori!
    Ciaoooo! :-*

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  9. Difficile farsi accettare. Il branco è omologato e tende all'omologazione.
    Ma, pensandoci, quanto può diventare doloroso non ricordare il nome della città dove sono nati i nostri genitori... Oppure, forse... si vuole dimenticare. Dimenticare il dolore per ricominciare.
    Faccia scura e nome italiano, quaderno italiano, libro italiano, amico italiano... Con quale ipocrisia riusciamo a parlare di libertà.

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  10. Senza scherzare, penso che merito tuo il giorno della domanda (di quale città sono originari i loro genitori), quelli alluni sono tornati a casa e hanno chiesto delle loro radici.

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