Chiusa nel suo cappottino, con le ciocche castane che penzolano assieme alla sciarpa.
C'è freddo. Ma lei non ha il cappello.
Sara ha soltanto le sue ciocche castane.
E la maestra le sta di fianco, con i libri in mano.
Gli altri se ne vanno. Girano gli zaini, slacciano i grembiuli. Se ne vanno.
Sara è sempre lì e con lei sta la maestra.
La maestra le parla e lei risponde qualcosa. Ma non alza il viso e neppure gli occhi.
Un compagno tira calci ad una pigna. E' il figlio della bidella.
Sara è lì e si stringe nel cappottino. Poi il cortile diventa vuoto.
E lei è sempre lì, con la sua maestra.
Il freddo diventa più intenso, perché il vento penetra attraverso il viale e non trova più l'ostacolo della folla.
Non è la prima volta.
La maestra, un pomeriggio, alle sei l'ha accompagnata a casa.
"Non si può fare", le ha detto una collega. "Sono le sei, mica possiamo lasciarla qui". "Chiami i carabinieri", suggerisce il portiere.
Ma lei l'ha caricata in macchina e si è fatta dire la strada. I bambini hanno paura dei carabinieri.
La bambina aveva le chiavi. Sono entrate e dentro era buio. La bambina ha acceso i fornelli e così ha fatto luce e ha iniziato a fare un po' di cena. Un uovo in una padellina.
Poi si è seduta ad aspettare con lei ed arrivato uno, ha detto di essere il padre.
Era ubriaco. "Mi scusi maestra non m'ero accorto".
La maestra si chiede: di che? Non s'era accorto di essere ubriaco? Non s'era accorto che fosse così tardi? Non s'era accorto d'avere una figlia?
Oggi però ha deciso che non l'accompagnerà, perché la casa era davvero troppo buia.La maestra oggi non telefonerà e neanche accompagnerà la bambina.
Ha deciso che conta fino a tre e poi torna dentro.
Così al tre torna dentro. Infila una mano dentro la tasca e cerca la penna.
La bambina si siede sul banco vuoto. Lei e il suo cappottino, le ciocche, lo zaino... e poi prende un libro.
La maestra apre il cassetto e tira fuori la lettera. Quella lettera la spedirà il giorno dopo e quando arriverà a destinazione avrà un timbro e poi un numero.
Qualcuno aprirà la pratica. Una pratica di nome Sara.
Qualcuno aprirà la pratica. Una pratica di nome Sara.
Piango. E' viscerale quello che provo.
RispondiEliminaLa maestra ha fatto la cosa più giusta per Sara
Farlo è stata una cosa difficilissima. Lacerante (la maestra non sono io, ma una mia collega).
RispondiEliminaLo immagino che doveva essere terribile da decidere ma ha fatto la scelta giusta. Potrà vedere suo papà poi, lui sarà anche aiutato a farsi curare (desitossicare) di sicuro.
RispondiEliminaOggi è il mio compleanno e sai quella storia insieme a quella linkata sul GB (una ragazza che picchia dei bambini all'asilo nido) mi ha resa triste.
Il vostro mestiere è nobile Mel, la tua collega è in gambissima! Mia sorella psicologa per i bambini pure lei lo è.
Vorrei tanto abbracciare forte forte Sara! Se la conosci, abbracciala con tenerezza per me ti prego!
Un bacio anche a te
Buon weekend Mel!
Auguri ck.
RispondiElimina-
Io invece sorrido, forse quella bambina si salverà, forse avrà una possibilità, io ci credo perchè ci sono persone che sono angeli, e ci sono per un motivo.
Un motivo che a volte si chiama Sara.
Sara è stata affidata ad una casa famiglia qualche anno fa. La mia collega ha ancora dei contatti con lei. Non è stato un percorso facile. Sono ferite che non si sanano facilmente. Però, certo, quella lettera le ha dato una possibilità.
RispondiElimina---
Auguri Cik!! Tra i post trovi qualcosa che ti rifondi di queste righe tristi!! Baci baci baci
Mel e Minna grazie ancora!
RispondiElimina---
Purtroppo nessuna mamma di cuore anche la Migliore del mondo sostituisce la mamma genitrice anche se non affatto all'altezza. Stessa cosa per il padre. Mia terza sorella ha adottato due miei stupendi nipotini. La adorano ma sono lo stesso in mancanza della mamma che non hanno conosciuto e si fanno tante domande. Meno male hanno una mamma di cuore all'altezza che sa coccolarli con i discorsi e che sa rispondere, che non ha nascosto niente e che li fa felici, ma il vuoto ci sarà sempre.
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Anche io sono convinta che una bella stella sopra Sara le preparerà un futuro molto più bello di quel passato buio. Ma come dice Mel, la ferita ci sarà per tanto. E sento quella ferita e sono triste perché mi sento impotente.
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La lettera è un atto molto coraggioso che salutero' sempre. Sono quelli gli angeli di cui parla Minna.
Spero che sia così.
RispondiEliminaIl post era per raccontare la storia di una bambina, di un adulto che deve intervenire nella vita degli altri ergendosi a giudice, di un altro adulto intrappolato nella sua solitudine. Ma soprattutto la storia di chi nasce ed ha già la vita segnata. Certe vite non hanno scampo.
L'adulto che interviene è indispensabile.
RispondiEliminaIl padre avrebbe bisogno di essere curato per uscire mentalmente dalla solitudine, ma certo non è una cosa facile, l'alcolismo è una malattia. Spero che il sistema sanitario abbia fatto qualcosa anche per lui, perché per transitività permetterebbe anche di "rassicurare" la piccolina mentre cresce altrove.
Sai Mel, c'è un autore francese, si chiama Boris Cyrulnik (tra l'altro psicanalista) che ha scritto su quelle infanzie ferite (ha perso i genitori in deportazione quando aveva 6 anni e da piccolo ha sempre voluto diventare neurologo poi etologo per capire il mecanismo di certi comportamenti e di certi pensieri negativi come l'ideologia che ha mandato i suoi alla morte): ha individuato un mucchio di bambini che riescono comunque a trovare una forza stupenda in quelle prove terribili, come è successo a lui. Anche lui è stato aiutato da una signora che gli ha permesso di nascondersi per non essere deportato.
In francese quella forza interna la chiama la "résilience" (resilienza). Ho visto che qualche suoi libri sono tradotti in italiano
http://www.lafeltrinelli.it/catalogo/aut/210006.html
A me la sua lettura ha portato tanto
Mi era capitato di leggere, qualche tempo fa, proprio delle testimonianze riguardanti i figli dei sopravvissuti ai campi. Si parlava di coloro i cui genitori furono sterminati, nati quindi durante la guerra, ma anche dei nati "dopo".
RispondiEliminaQuando nel 1945 i lager furono espugnati, la gente che ci sopravviveva dentro tornò alle proprie case. Alcuni decisero di lasciare il Paese d'origine per ricominciare altrove. Anche in Israele. Altri si sposarono e cercarono di dimenticare. Molti non ne parlarono per anni. Furono vite tormentate, piene di visioni e di fantasmi. Anche i loro figli ne ebbero (e a questa cosa non avevo mai pensato) la vita segnata.
La vicenda di Cyrulnik m'interessa molto. Ho dato un'occhiata al link, mi sono soffermata soprattutto su "Autobiografia di uno spaventapasseri". Anche perché questa definizione dello "spaventapasseri" accostata ai sopravvissuti ai lager l'avevo già sentita. Credo proprio che lo leggerò, spero di capitare presto da Feltrinelli per acquistarlo.
Melania come fai a riuscire a suscitare cosi' tanto il nostro interesso per tanti autori?
RispondiEliminaLo so, è un mestiere ;)
Meglio... è un dono il tuo! Non tutti sanno trasmettere come lo sai tu.
Da quando ho letto i commenti di Minna [anche tu Minna mi fai sentire più "ricca" dentro quando leggo certi tuoi commenti] e i tuoi li', ho avuto voglia di scoprire Giovanni P. nel senso di leggerlo (ho trovato un sito sul quale ho potuto leggere la metafora del fanciullo).
Anche lui un'infanzia ferita
Cik, non sempre riesco... Magari tutti i miei ragazzi la pensassero come te!!
RispondiEliminaPerò Giovanni è per me un grande amore. Ogni tanto, a tempo perso, rileggo "La mia sera". Trovo che sia un capolavoro. Risuona nelle orecchie come una nenia, come una ninna nanna mortale. Penso che sia una delle pagine più belle della letteratura italiana. Ma di Pascoli ce ne sono tante altre, come "Lavandare". Dentro, secondo me, ci sono i germi dell'ermetismo e della modernità.
La sua vita è stata tanto triste. Era innamorato di sua sorella ed ha sofferto molto.